Architetture d’Italia, d’Europa e d’Oriente nella collezione Castellazzi. L’archivio fotografico di un architetto del medio Ottocento

19 settembre - 4 ottobre
17.30
Accademia delle Arti del Disegno – Via Orsanmichele, 4 – Firenze

Architetture d’Italia, d’Europa e d’Oriente nella collezione Castellazzi

L’archivio fotografico di un architetto del medio Ottocento

Mostra a cura di
Mauro Cozzi, Monica Maffioli, Vincenzo Vaccaro, Enrico Sartoni

Inaugurazione giovedì 19 settembre 2019 – ore 17.30

Accademia delle Arti del Disegno – Sala delle Adunanze
Via Orsanmichele 4 – Firenze

Orari (suonare il campanello)
lunedì 10.00 -12.30/14.30 -17.00; mercoledì 10.00 -12.00; martedì, giovedì e venerdì 9.00 -13.00/14.00 -18.00

 

Nell’ambito di una vivace attività accademica che incoraggia e promuove tutte le forme di espressione artistica, ho trovato particolarmente appropriata la valorizzazione del fondo fotografico dell’archivio di Giuseppe Castellazzi, formatosi sulla metà dell’Ottocento, in tempi in cui la fotografia era una tecnica di riproduzione relativamente recente e si avviava a divenire un’espressione artistica. L’importanza del “possesso” fisico delle immagini sfugge alla società contemporanea, e non solo ai millennials, ma anche a chi, nato come me nel cuore dello scorso secolo, si è abituato a cercare quasi solo in rete dati visivi d’ogni genere. In passato tuttavia, proprio la disponibilità delle immagini ha costituito una risorsa per il sapere, come dimostrano per la storia dell’arte i lasciti di grandi come Bernard Berenson e Roberto Longhi; e tuttora patrimoni come gli Archivi Alinari o le grandi fototeche della Max-Planck-Gesellschaft sono insostituibili per gli studi. Ben vengano iniziative come queste, che dalle “nuvole” del virtuale ci riportano sul solido terreno della realtà delle carte e delle stampe, amorevolmente conservate negli archivi.

Cristina Acidini
Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno

L’Accademia delle Arti del Disegno ha aderito con particolare interesse all’iniziativa promossa dalla Fondazione Michelucci, ed ampiamente condivisa dalle istituzioni culturali fiorentine, per una serie di eventi legati alla Fotografia di Architettura. L’Accademia partecipa dunque con una piccola ma raffinata esposizione di immagini provenienti dal prezioso fondo fotografico dell’architetto Giuseppe Castellazzi, conservato nella propria sede di palazzo dei Beccai, fondo che contiene circa 200 foto di architetture europee ed orientali del XIX secolo.

Un sentito ringraziamento va a Mauro Cozzi, a Monica Maffioli, a Vincenzo Vaccaro ed a Enrico Sartoni che hanno scelto le immagini e curato la rassegna. Un grazie va a Domenico Viggiano per la collaborazione all’allestimento. Castellazzi era nato a Verona nel 1834. Nel 1860 vinse la medaglia d’oro ad un concorso di architettura, che gli valse il sostegno del governo austriaco per un viaggio di studio in Germania e in Francia. Verso il 1864, grazie ad una borsa dell’Accademia veneta di Belle Arti, poté recarsi per un anno in Oriente, con un tour che da Trieste lo portò ad Atene, Istanbul ed al Cairo, facendo tappe nelle Cicladi, a Smirne, a Beirut. Da quel viaggio riportò durevoli impressioni ed una raccolta di schizzi che furono pubblicati nel pregevole volume “Ricordi di Architettura Orientale” del 1871. Il volume, oltre alle fresche e spesso pittoresche note di viaggio, contiene cento tavole di disegni rielaborati sugli schizzi presi dal vero. L’attenzione del Castellazzi si rivolse non tanto agli edifici monumentali, ma, come scrisse, a “quanto mi sembrò quasi elementare nell’architettura e decorazione dominanti in quelle città, e quindi mi occupai di parecchi particolari che da altri non furono ricordati”. L’architettura civile, l’architettura sacra, l’architettura funeraria, i particolari degli apparati decorativi, dei materiali furono al centro della sua attenzione. Lo scopo che egli si prefisse fu infatti quello pratico ed operativo della professione di architetto, come ebbe egli stesso a precisare: “Mi sono occupato con preferenza di molti dettagli di sacri e civili edifizi chesono, è vero, poco importanti per magnificenza di masse, ma che però possono suggerire quanto i principali monumenti, da altri illustrati, motivi di elementi architettonici e decorativi, applicabilissimi a quelle nostre fabbriche, il cui uso sia di orientale provenienza, o che per il loro soggetto esigano architetture fantastiche o d’impronta originale. Fra gli innumerevoli  modelli che mi si presentavano, ho cercato di scegliere quelli che più degli altri si possono prestare alla pratica applicazione, ed ho avuto principalmente riguardo ai materiali e mano d’opera, di cui noi possiamo disporre con facilità tecnica ed economica…”. Nel 1874 Castellazzi si trasferì a Firenze dopo aver vinto un concorso per l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti, della quale divenne Direttore nel 1877. La raccolta delle foto ha lo stesso fine degli schizzi di viaggio, un uso pratico cioè che riuscisse utile alla progettazione architettonica. Castellazzi fu soprattutto un restauratore ed i suoi progetti suscitarono spesso vivaci discussioni, come quelli per Orsanmichele e Santa Trinita a Firenze. Egli utilizzò le foto anche come supporto per realizzare rendering ante litteram dei suoi progetti, come documenta quella esposta per Orsanmichele. L’ampiezza dei temi e dei paesi dimostrano un interesse a tutto campo, sfatando una volta di più (semmai ce ne fosse ancora bisogno) il vecchio adagio di una Firenzina ottocentesca provinciale e chiusa in se stessa. Oggi quelle foto, stampate su carta albumina, costituiscono una documentazione di eccezionale interesse per lo storico dell’arte e dell’architettura.

Renzo Manetti
Presidente della Classe di Architettura

 

Tra le utilità riconosciute alla fotografia, fin dalla presentazione ufficiale dell’invenzione, nel 1839, primeggiava quella di poter documentare con il nuovo apparecchio di riproduzione le opere di architettura, riconoscendo al nuovo mezzo di traduzione grafica le qualità di ‘verità e precisione’, che apparentemente garantivano una ‘fedeltà al reale’ superiore a qualsiasi altra forma di trascrizione manuale.
Da quel momento, la fotografia diventa la ‘fedele’ alleata degli architetti, degli archeologi e degli artisti, strumento indispensabile per i loro studi e per la loro professione, capace di creare un catalogo iconografico necessario per ampliare le proprie conoscenze al di là delle personali esperienze di viaggio e la visione diretta dei luoghi monumentali.
L’archivio fotografico di Giuseppe Castellazzi costituisce una importante testimonianza del significativo ruolo svolto dalla fotografia nella formazione degli architetti e degli studiosi. Seguendo gli insegnamenti del suo maestro, Pietro Selvatico Estense, che fin dal 1852 aveva riconosciuto nella fotografia “l’intermediario tra la realtà e i diversi modi di rappresentarla”, indicandola come necessaria per l’educazione visiva dell’architetto, Castellazzi riport dai suoi viaggi giovanili di studio in Italia, Germania, Egitto, Grecia e Turchia, non solo ‘disegni dal vero’ ma anche ‘appunti’ fotografici che rispecchiano i suoi interessi verso un enciclopedico repertorio di ‘stili’ e forme architettoniche, utili all’elaborazione progettuale.
Il ‘corpus’ iconografico raccolto dall’architetto, oggi conservato presso l’Accademia delle Arti del Disegno e composto da circa 200 stampe fotografiche, si può dividere in due nuclei principali: il primo, relativo alle immagini acquisite nei suoi tour formativi tra il 1861 e il 1865, conserva immagini databili tra la metà degli anni ’50 e la metà degli anni ’60 del XIX secolo, per lo più opera di fotografi non identificati, ma anche di autori noti come il padovano Bresolin, il romano Suscipj, il napoletano Sommer e alcune straordinarie stampe con soggetti monumentali napoletani, probabilmente riferibili al francese Le Dien, allievo del più noto fotografo Le Gray; il secondo nucleo, più numeroso e ascrivibile alla sua attività di professionista, è costituito da fotografie di architettura, pittura e scultura, provenienti dai repertori messi in commercio dagli stabilimenti dei Fratelli Alinari, di Brogi e di Lombardi, alcuni tra i più noti editori di immagini relative al patrimonio artistico nazionale. Ai Fratelli Alinari, inoltre, egli affida la riproduzione fotografica di alcuni suoi progetti di restauro, come nel caso di Orsanmichele, delegando loro il compito di restituire la percezione visiva della sua proposta grafica di intervento architettonico. Un sodalizio, quello tra fotografia e architettura nell’Ottocento, che nell’archivio di Castellazzi si presenta nella sua più completa esemplificazione.

Monica Maffioli
Accademica